Verso una viticoltura rigenerativa: un laboratorio di transizione per il futuro del vino
- Massimo Bardelli
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L’enogastronomia non è solo espressione culturale, ma oggi può diventare un vero laboratorio di rigenerazione e di viticoltura rigenerativa. Chi coltiva, produce, trasforma e ospita ha l’opportunità di restituire valore ai territori in cui opera. E se il vino è uno dei simboli identitari più forti dell’Italia, è anche uno degli ambiti in cui si intravedono i primi segnali concreti di cambiamento.
Nel settore vitivinicolo – anche in Italia – la viticoltura naturale e biodinamica sta diventando terreno fertile per nuove pratiche rigenerative. Anche se poche aziende si dichiarano formalmente "rigenerative", molte stanno già mettendo in atto scelte e processi che ne incarnano i principi. In alcuni contesti internazionali, questo passaggio è ancora più evidente: paesi come Francia, Spagna, California o Australia stanno sperimentando approcci evoluti alla rigenerazione in vigna, integrando innovazione, sostenibilità e relazioni con le comunità locali. Da queste realtà possiamo imparare molto.
Ed è proprio nei territori locali, in particolare quelli rurali e non metropolitani, che il vino assume un ruolo strategico: presidio culturale, economico e paesaggistico. La rigenerazione inizia da qui, dove le aziende agricole sono profondamente intrecciate con la storia, l’identità e la vitalità del territorio. Questo rende il settore vitivinicolo particolarmente adatto a sperimentare nuove visioni, perché coinvolge l’interazione diretta con il suolo, il paesaggio e le comunità, rappresenta un valore turistico ed economico fondamentale, e dispone già di buone pratiche su cui costruire: agricoltura biologica, fermentazioni spontanee, filiere corte.
Una cantina che decide di intraprendere un percorso rigenerativo può trarne molti benefici. Può differenziarsi grazie a una narrazione autentica e radicata nel luogo in cui nasce, ridurre l’uso di input esterni migliorando la salute del suolo e delle piante, rafforzare il legame con il contesto umano e naturale in cui opera. Può integrare vino, ospitalità, cultura e formazione in un’unica proposta esperienziale e generativa, capace di attrarre visitatori consapevoli, nuovi collaboratori e reti professionali orientate all’impatto.
Naturalmente, la rigenerazione non si misura con etichette, ma si riconosce nelle scelte quotidiane. Pratiche come l’uso di vitigni autoctoni o resistenti, la drastica riduzione della chimica, la tutela della biodiversità nei filari e nelle aree circostanti, il recupero di tecniche agricole tradizionali, il coinvolgimento della comunità nella visione aziendale e l’organizzazione di attività educative e turistiche coerenti con i valori ambientali sono segnali evidenti di un approccio rigenerativo.
I territori locali possono trarre grande beneficio da questa trasformazione: non solo in termini ecologici, ma anche di rilancio culturale, occupazionale e turistico. Le aziende agricole diventano così attori centrali di una nuova narrazione collettiva, capaci di ispirare comunità e reti di imprese a fare sistema. Sempre più realtà vitivinicole stanno percorrendo questa strada. Anche se non si definiscono ancora “rigenerative”, nei fatti stanno trasformando la propria relazione con il territorio e con il tempo.
Accompagnare queste aziende nel rendere visibile, strutturata e sistemica questa transizione è una grande opportunità: per loro, per i territori e per chi vuole contribuire a un modello di business più sostenibile e generativo.
In fondo, il vino è già rigenerativo per natura: nasce da un processo di trasformazione lenta, profonda, in equilibrio con il tempo e la terra. Forse sta solo aspettando che anche il nostro modo di fare impresa ritrovi la stessa armonia.
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